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Il pallone dei ponzipilati
Ci sono giorni che poseresti la penna, spegneresti il computer e te ne andresti a casa: tenetevi questo calcio, tenetevi gli arraffoni, i paraculi, gli ignavi. Tenetevi gli stadi vuoti, le leggi contro i tifosi, le porte chiuse ai bambini nonostante la legge. Tenetevi i razzisti. I vostri amici razzisti. Che girano con i coltelli, ti attaccano alle spalle e quando sono in tanti cantano agli avversari «squadra di ebrei, il vostro fetore è un disonore». Lo fanno tutte le domeniche ormai, lo fanno all'Olimpico, che è il primo stadio d'Italia, quello delle cinque stelle di qualità del Coni. Lo fanno proprio lì, ma chissenefrega, vero presidente Abete? Ci sono giorni che pensi che il calcio non si può salvare perché a nessuno gli va di farlo. Ieri era uno di quei giorni: ci sono state due sentenze scandalose, eppure normalissime, così normali e previste che nessuno si è indignato, nessuno ha protestato, anzi molti hanno sospirato: ci siamo tolti un'altra rogna. Ma la rogna di questo sport sono loro. Quelli che si voltano sempre dall'altra parte, i ponzipilati. Da Mani Pulite a Mani Lavate. La prima sentenza era attesa: era quella del giudice sportivo per la gara Lazio-Parma: l'Ansa, la prima agenzia di stampa d'Italia, domenica alle 17.13 aveva battuto un lancio per dire che la curva Nord aveva cantato cori razzisti contro i giocatori avversari e contro un altro club, l'As Roma. Cantavano "As Roma Juden Club..." (e il resto della strofa lo conosciamo bene), e "Romanista ebreo". Non lo dico io: lo ha scritto l'Ansa. Che non dà opinioni, non tifa: dà notizie certe. Ma il Funzionario dell'Ufficio indagini, domenica all'Olimpico, dormiva. E se non dormiva, era distratto. Oppure aveva scordato a casa l'apparecchio acustico. Nel referto del Funzionario infatti dei cori antisemiti denunciati dall'Ansa non c'era traccia e così il giudice sportivo ha sanzionato soltanto «i cori costituenti espressione di discriminazione razziale contro un giocatore avversario». In realtà sanzionato è una parola grossa: 25 mila euro, poco più del minimo della pena. La seconda sentenza la aspettavamo da un bel po': è quella relativa all'ormai celebre derby Primavera di marzo. Quel giorno, era il giorno delle Fosse Ardeatine, in una gara di calcio giovanile, dagli spalti è partito il coro "As Roma Juden club". Forte e chiaro. Ma non solo il Funzionario dell'Ufficio Indagini era sprovvisto di apparecchio acustico. Quasi nessuno infatti sentì nulla. Lo sentirono i cronisti di questo giornale e pochi altri. Lo scrivemmo: ci hanno dato dei pazzi, dei bugiardi, dei provocatori. Grazie a dio quella partita era andata in diretta su Sky e quel coro immondo era rimasto impresso nella telecronaca, sennò a quest'ora chissà dove saremmo finiti. Sul sito internet de Il Romanista tutto il mondo lo ha potuto sentire. Quando l'Ufficio indagini ci ha convocato, sembrava una cosa facile facile: se il coro è questo, non c'è discussione. Il coro era quello. L'Ufficio ha acquisito la registrazione da Sky, poi ha sentito i dirigenti della Lazio che hanno continuato a negare. E ha trasmesso tutte le carte al procuratore federale Palazzi. Stefano Palazzi, l'eroe di Calciopoli. Ma è passato un anno esatto da quei giorni e si sa, gli eroi muoiono presto. Oppure cambiano maschera. Diventano ponzipilati e vivono a lungo. Fanno carriera, magari diventano persino capi della super procura della Figc che sta per nascere. A volte. Sia come sia, Palazzi quelle carte le ha covate a lungo: lui che andava a cento all'ora per condannare gli imputati di Calciopoli, ci ha messo un mese per una indagine «facile facile». Bastava sentire la registrazione di Sky. Ieri la sentenza: archiviazione. Non perché i cori non ci sono stati, quello sarebbe stato davvero troppo dirlo, ma per insufficienza di prove. Ve la leggo, la motivazione, che fa più effetto: «Il risultato delle approfondite indagini espletate dall'Ufficio Indagini non consente di pervenire ad una conclusione univoca sulla effettiva verificazione dei cori in oggetto e tale situazione non integra un quadro probatorio idoneo a sostenere l'accusa nel contraddittorio delle parti». Capite? Non è idoneo, ma non vi dico chi. Il presidente della Lazio sarà contento: aveva minacciato di farci pagare i danni in tribunale, così non può farlo ma almeno non ha perso la faccia. Potremmo farlo noi, potremmo far sentire quella registrazione in un'aula di tribunale e poi vediamo se quel coro «non integra un quadro probatorio idoneo»... Potremmo, sì, ma è triste un paese dove non si è tutti uniti per cercare di vivere in un mondo migliore. Dove ci si azzanna invece di costruire. Ci sono giorni che poseresti la penna, spegneresti il computer e andresti dritto a casa. Ma noi non lo faremo. Non oggi.
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