Anno di fondazione dell'ASR
197553
BOC User
17/10/2013 11:38:59
onore a Garcia!
Rudi, come è andata davvero per il suo arrivo alla Roma?
Ero in piena riflessione. Ero ancora del Lille per questa stagione e volevo sapere quale sarebbe stato il mio futuro alla luce del cambio in corsa del progetto societario, rispetto a quello che mi era stato presentato all’inizio. Poi la Roma si è fatta sentire, a Milano ho incontrato Walter Sabatini, il ds della Roma. Un uomo di carattere, che ti guarda negli occhi, che ti parla in modo molto schietto e onesto. Ed è stato un incontro interessante perché la sua prima frase è stata: “Ti abbiamo fatto venire a Milano – io ero infatti in ferie per alcuni giorni – ma non sarai tu il prescelto”. Dunque era una bella sfida (ride, ndr), siamo rimasti due o tre ore a discutere, e poi alla fine, tre giorni dopo, sono dovuto volare a New York per incontrare il team del presidente della Roma, Pallotta – sì perché abbiamo da due stagioni una proprietà americana – poi le cose si sono accelerate. La Roma è un grande club europeo, un club che per me non ha vinto abbastanza, sono solo tre gli scudetti in vetrina, pur essendo la Capitale d’Italia. È un posto difficile, me lo avevano anticipato, l’ho subito visto con i miei occhi, ho capito immediatamente che era necessario avere del carattere per allenare la Roma. Ma è una sfida fantastica. La cosa più frustrante per me – debbo ammetterlo – è stata la lingua. Parlavo due parole d’italiano al mio arrivo… Ho trovato soprattutto un gruppo ferito. Questa cosa mi ha molto colpito. Poi abbiamo visto gli striscioni, alcuni pseudo-tifosi hanno insultato alcuni dei miei giocatori prima della partenza per il ritiro e lo hanno pure fatto a 700 chilometri da Roma, fino alla frontiera con l’Austria. Per prima cosa abbiamo dovuto proteggere i giocatori, poi ridare loro fiducia, e innanzitutto in loro stessi. Per esempio Federico Balzaretti, che ha segnato al derby. Poi sapevo che tutti erano irrequieti per il fatto di dover giocare il derby alla quarta giornata, anche in seno al club, ma per me era meglio così: avremmo voltato pagina al più presto. Ovvio che dovevamo vincere quella partita, ma ci siamo arrivati con tre successi di fila e 9 punti in tasca, che ci hanno aiutato molto. E questo ha permesso di cancellare un po’ quel terribile momento che la Roma aveva vissuto perdendo la Coppa Italia nella scorsa stagione, nel mese di maggio, contro il nemico giurato, che è l’altra squadra della città. Ecco, da quel momento le cose vanno bene.



Non ne conosce il nome? (l’intervistatore ride, ndr)
È la squadra di cui non si pronuncia mai il nome (ride anche Garcia, ndr).



Ok. Ho un altro piccolo video da mostrarle, Rudi (si vede Garcia che lancia dei cori verso i tifosi del Lille, come un capocurva, ndr). Ho fatto mettere queste immagini perché il passaggio al Lille rappresenta un punto importante della sua carriera di allenatore. Allora, a che punto è del suo cammino personale?
Non ho un piano per la carriera, è molto onesto da parte mia dirlo. Ho sempre lavorato nei miei club come se ci dovessi rimanere per sempre, ho fatto questo a Dijon, che ha dato inizio alla mia avventura come allenatore di prima squadra, e infatti ci sono rimasto 5 stagioni. L’ho fatto al Le Mans, ma lì sono stato un anno solo perché il Lille, il club dove sono cresciuto (come calciatore, ndr), è venuto a prendermi. Alcuni erano parecchio scettici al mio arrivo, perché secondo loro mi servivo di questo club come rampa di lancio… ma 5 anni segnano la storia di un uomo. Ho vissuto uno storico “double” (coppa e campionato di Francia, ndr) e delle cose incredibili, non solo con i miei giocatori, ma anche con i miei dirigenti, con il presidente Michel Seydoux. Cose che saranno incise per sempre nella storia del club e nella mia personale memoria. Ecco… poi… non avevo mai pensato di allenare un giorno in Italia e ancor meno la Roma, anche se avevo visitato la città 3 o 4 anni prima e mi ero detto che era veramente fantastica. Oggi poi l’avventura continua. Qualsiasi cosa accadrà alla fine di questastagione, sarà stata comunque un’esperienza che mi avrà arricchito personalmente. E sarà stata molto appassionante. Questo è sicuro.



Parlando di motivi personali e di cammini tracciati, ricordiamo un uomo, suo padre, che se n’è andato quasi cinque anni fa. José Garcia, allenatore, giocatore, Sedan, Dunkerque, grande personaggio del Corbeille-Essonnes… era tutto scritto per lei, Rudi?
Non credo. Vedevo papà fare questo mestiere, anche se a livello dilettantistico. È arrivato fino alla seconda divisione francese, cosa già molto buona. Ma io lo vedevo lavorare tutta la giornata (quasi certamente non nel calcio, ndr), la sera andava agli allenamenti e poi stava via tutto il fine settimana perché a quell’epoca si partiva in bus il giorno prima della partita e si tornava il giorno dopo. E io adolescente mi dicevo sempre che era un mestiere molto ingrato: quando vinci, sono i giocatori che vincono; quando perdi, è l’allenatore che perde. Mi ero proprio detto, per scappare da quel destino che era mio, e lo sapevo, che non avrei fatto questo mestiere.



Ma poi, ovviamente e logicamente, essendo caduto da piccolo nel pentolone (come Obelix, è un modo di dire francofono, ndr) faccio delle cose – oggi – che sono per lui, per mio padre.



Suo padre era malato per la bicicletta.
Sì, esatto. Ho un nome germanico come il campione tedesco (di ciclismo, ndr) Rudi Altig.



È per lui che suo padre le ha dato il nome Rudi?
Sì, e anche per avere questo piccolo lato cartesiano che fa un po’ difetto ai popoli latini (Garcia ride, e con «cartesiano» intende metodico, rigoroso, ndr). Sicuramente è così.



Rudi Altig, vincitore nel 1964, anno della sua nascita, del Giro di Andalusia e del Giro delle Fiandre. Tra le persone che hanno segnato il suo cammino c’è ovviamente suo padre. Ma c’è un altro viso forte che vorrei farle vedere (scorrono delle immagini, ndr). Quello di Robert…
Ovviamente! Robert Nouzaret! Quando lascio il Lille – non bisogna scordarsi che ci ho giocato 6 anni, è lì che ho firmato il mio primo contratto professionistico e ho trascorso begli anni – Robert diventa l’allenatore del Caen e mi ingaggia, Caen che era per la prima volta in prima divisione. È una persona dalla quale ho imparato parecchio. Quando mi ha chiamato come assistente al Saint-Etienne, mi ha insegnato a strutturare un club. È un grande “costruttore” (probabilmente un manager alla Ferguson, ndr), è un gran signore e ha certamente contato molto per me, sia quando ero giocatore al Caen sia per il mio reintegro tra i professionisti, perché non mi scordo che ho anche allenato tra i dilettanti (al Corbeille-Essonnes, ndr), dove ho ottenuto una promozione. È vero anche che, quando alleni tra i dilettanti, hai voglia di tornare tra i pro. E Robert mi ha permesso di farlo. Ecco, posso dire che la mia qualità nel saper fare tutto e nello strutturare un club la devo a lui.



Lei ha un carattere risoluto, ma poi vediamo che ci sono molte cose che la toccano, suo padre, Robert (Nouzaret, ndr), o che addirittura la fanno un po’ barcollare. Ci sono così tanti altri visi sul suo percorso. Ce n’è uno molto forte che l’accompagna sempre, un viso scolpito con il coltello (testuale, ndr), che ha giocato con lei nei Pulcini a Corbeille- Essonnes. Un bel tipetto anche lui. È Fred Bompard (il suo vice alla Roma, ndr).
Fred è il mio fedele assistente.



Avete vissuto tutto insieme: i Pulcini, le ragazze, la disoccupazione.
Sì, abbiamo vissuto parecchie cose insieme. È veramente una persona che merita di essere conosciuta, perché sotto l’aspetto un po’ burbero, massiccio, ha un cuore grande così. È un lavoratore instancabile. Sotto questa faccia da duro si nasconde un uomo affettuoso. Come me, penso.



(mostrano a Garcia il video in cui, dentro lo spogliatoio del Lille, suona “Porompompero” di Manolo Escobar, ndr)
È un po’ quello che è successo quando sono arrivato alla Roma. Ovviamente sono andati a cercare delle cose della mia vita precedente, tra le quali questa. Finora è andato tutto bene, non c’è stato nessun problema particolare, ma le posso assicurare che, se non fosse così, sono cose come queste che possono generare problemi.



(l’intervistatore chiede al pubblico se vogliono vedere Garcia suonare ancora quel brano in diretta, e in studio gli viene data una chitarra, ndr).
No, no, no. Nella vita non possiamo ripetere due volte gli stessi errori. Dovete capire che in Italia c’è una copertura mediatica enorme. Come ho appena detto, sono cose che non rinnego, che sono state fatte in un contesto particolare e preciso.



Ci faccia solo un piccolo accordo alla U2, allora.
No, no. È vero che gli U2 sono il mio gruppo preferito, ma meglio di no. La musica è importante nella vita di tutti e nella mia in particolare. Ci sono dei momenti forti della vita che possono essere accompagnati da questo tipo di musica, la usiamo a volte nel dopogara durante i nostri confronti. Ma ecco, questo è un po’ il mio universo personale e particolare e soprattutto un pezzo della mia gioventù che adesso è molto lontano.



Come i barbecue il giovedì a Caen.
Sì, i barbecue il giovedì a Caen con amici che oggi sono stranamente quasi tutti allenatori.



Rudi, a lei piace questo profilo di attaccante che attira a sé i difensori. Come Tulio de Melo al Lille.
No, quello che mi piace è avere a disposizione vari attaccanti con profili complementari e diversi, cosa che avevamo a Lille con il profilo di Tulio de Melo, un attaccante di quel tipo. Ed è quello che ho oggi a disposizione alla Roma, visto che Francesco Totti può giocare come punta. Gervinho anche, ma ho un Marco Borriello che è un attaccante da area di rigore. Avere una serie di opzioni, con vari profili di attaccanti che sappiano fare più movimenti, è certamente un “di più” per la squadra e per l’allenatore.



(Passano al maxischermo le immagini di Townsend del Tottenham, ndr) Rudi, parlavamo dell’importanza di avere giocatori di fascia come Debuchy (allenato da Garcia al Lille e ora in nazionale, ndr). Da qui l’importanza di avere preso Gervinho alla Roma. Gervinho che davano per cotto.
Beh, la risposta viene sempre dal campo. Non esiste un altro tipo di risposta. Ma è vero (riferendosi al filmato, ndr), Townsend è un giocatore raro nel calcio moderno, non ci sono tanti attaccanti come lui capaci di andare nell’uno contro uno, di portare via gli avversari e poi di andare in profondità, grazie alla loro velocità, facendosi dare la palla. È per questo che ho preso Gervinho. E per il momento va molto bene, sì…



Ah beh, sì, eccome se va bene… Molto bene, anche!
(Garcia ride, ndr)



E Strootman?
Sta bene, sta bene. In più (parlando dell’Olanda, ndr) erano già qualificati prima di questa partita (con l’Ungheria, ndr) e noi giochiamo venerdì (domani, ndr) contro il Napoli e spero che martedì van Gaal mostrerà buon senso (e così è stato, Strootman non è sceso in campo, ndr).



Ma lei dà delle direttive ai giocatori o, come gli altri, chiama il selezionatore della nazionale?
No, ma quello che succede è che esiste uno scambio di informazioni con loro. Non chiediamo nulla perché il selezionatore è l’unico a decidere cosa fare con i suoi giocatori, ma mi è piaciuto moltissimo quello italiano (Prandelli, ndr), che ha detto in conferenza stampa che sa bene che c’è una partita importante tra Roma e Napoli venerdì (domani) e avrebbe mostrato buon senso nei confronti dei giocatori della sua selezione. Ecco, penso che sia una buona cosa.



Qual è il profilo di Strootman? Lo si conosce poco.
È un giocatore che sa fare tutto, con molto carattere, a 23 anni è già capitano della nazionale olandese. Formidabile piede sinistro, abile nel proiettarsi in avanti, capace di cambi repentini di ritmo, vede tutto prima di tutti, col suo piede sinistro è capace di fare qualsiasi cosa.



Come lo ha preso la Roma?
Abbiamo parlato molto con Walter Sabatini, non era facile prenderlo, prima di tutto perché il PSV è un cliente molto ostico nelle trattative. E poi era necessario convincerlo. Ho passato molto tempo a parlare con lui al telefono prima di fare breccia e di persuaderlo che volevamo creare una grande squadra. E che avevamo il progetto di diventare uno dei più grandi club europei nei prossimi anni.



Cosa lo ha fatto esitare?
È stato uno dei pochissimi giocatori che, quando gli ho parlato la prima volta, mi ha chiesto quale sarebbe stato il profilo della squadra, quali giocatori soprattutto ne avrebbero fatto parte. E questo è davvero raro, perché l’allenatore spiega la propria filosofia e il suo sistema di gioco, mentre lui voleva sapere chi sarebbe stato lì, chi sarebbe partito ma specialmente chi sarebbe arrivato, per essere sicuro della sua scelta. E spero che ora non sia deluso.



Rudi, come siete messi in difesa?
Avevamo già dei giocatori in certi ruoli, “Leo” Castan, brasiliano, Nicolas Burdisso che tutti conosciamo e una promessa molto giovane che di nome fa Romagnoli. Abbiamo reclutato Mehdi Benatia, che tutti qui nella regione di Parigi conoscono e poi un giovanissimo di 17 anni, il nostro piccolo baby (testuale, ndr) Tin Jedvaj. Ma la mia cerniera difensiva, che funziona e ha preso solo un gol, è Benatia-Castan, una cerniera molto sicura non solo in fase di ripartenza ma anche molto forte fisicamente, nei duelli. Dal punto di vista difensivo, sono perfettamente complementari. Sì, per il momento va tutto bene.



Benatia. Gran bel colpo perché era molto richiesto. Per lui ha fatto la stessa cosa di Strootman? Una telefonata?
Sì, ci siamo parlati con Mehdi ed è stato anche più facile visto che ci conoscevamo già da un po’. E poi anche perché proviene dal mio stesso dipartimento (il 91, ovvero Essonne, ndr). È un giocatore di grande qualità e talento, con un senso dell’anticipo fenomenale, forte di testa, forte fisicamente, ma soprattutto un uomo di grande spessore, intelligente, uno che ragiona bene. E questo è molto interessante per un allenatore, perché un calciatore così è anche un uomo spogliatoio. Poi ha giocato tre anni all’Udinese, parla un italiano perfetto. Ecco, speriamo che duri. Tutti insieme, siamo per il momento molto solidi dal punto di vista difensivo.
197542
BOC User
17/10/2013 10:52:07
onore
Bologna Forzanovista si barrica in casa e minaccia di far saltare il palazzo ·
Si barrica in casa in via Pizzardi e minaccia di far saltare il palazzo

Un uomo sulla quarantina si è chiuso nel suo appartamento di via Pizzardi, minacciando di far saltare in aria tutto col gas. Il condominio è stato evacuato subito e la strada è stata chiusa al traffico. Si sono già radunati un po' di curiosi della zona. I poliziotti accorsi sul posto, insieme ai vigili del fuoco e alla municipale, indossano il giubbotto antiproiettile.

Sotto al balcone è stato posizionato un materassino gonfiato. L'uomo ha già gettato dalla finestra (dalla quale sventola una bandiera monarchica), una sedia, una poltrona e una pentola, gridando "Viva la monarchia. Se sale la polizia chiamo i miei amici di Forza Nuova e faccia scoppiare una guerra". I genitori, padre avvocato e madre farmacista, sono saliti per cercare di calmarlo ma non c'è stato niente da fare. Pietro, questo forse il suo nome, è già noto nei dintorni per manifestazioni simili. Pare sia stato bocciato all'esame di stato per l'abilitazione a esercitare la professione di avvocato. Nel palazzo è entrato Mattia Piras, coordinatore provinciale di Forza Nuova, chiamato dalla Polizia. È riuscito a parlare con l'uomo dal pianerottolo, che pare essersi convinto a uscire, ma solo dopo che forze dell'ordine e soccorsi siano andati via.

Il tutto sarebbe iniziato, stando alla testimonianza dgli ospiti della vicina casa di riposo Sant'Anna, verso le 13,30, quando si sono cominciati a sentire degli improperi e anche dei botti, forse petardi. Dopo un'interruzione di qualche ora gli schiamazzi sono ripresi verso le 16,30, quando sono state allertate le forze dell'ordine ed è stata chiusa la strada. Per precauzione i vecchietti sono stati spostati nell'ala dell'ospizio più lontana dalla strada.
197439
BOC User
16/10/2013 10:14:28
onore
197435
BOC User
16/10/2013 09:36:10
onore
ai compagni e alle compagne dei Castelli, alla popolazione scesa in strada.

Non le hanno fatte vedere, ma la polizia dopo l'uscita del feretro ha massacrato grautitamente caricando correndo per oltre 200 metri numerose persone: diversi sono finiti all'ospedale, pioveva molti sono scivolati e finiti sotto manganelli e anfibi della celere incocainata.

Alle ragazze e alle signore venivano dispensate manganellate e insulti sessisti.

Delle bestie feroci costrette a subire per oltre 8 ore un presidio partecipatissimo. I nazi, al solito, poche decine protette dalla polizia che gli ha consentito di tentare un agguato respinto dai presenti.

E' arrivata pure la lega ebraica...era tutta lì ad aspettare Boccacci.

Poi, una torcia e un petardo all'uscita del feretro da una via laterale dentro un blindato della polizia mortuaria ha fatto partire una carica da due lati, sembrava una tonnara.

I nazi s'erano già squajati tempo prima e diversi di loro s'erano infiltrati nel presidio, prontamente smascherati e allontanati.

Un'altra pagina di resistenza ai Castelli, un'altra figura di merda per i fascisti
197386
BOC User
15/10/2013 00:06:03
dis-onore
Delle convenzioni militari nun ce ne frega un cazzo.

Priebke deve morì ulteriormente, lui e l'amici sua, perché è morto ancora troppo poco pè quanto è stato merda nella vita.

197385
BOC User
14/10/2013 23:47:02
king b x onore
Ah si?
beh,sticazzi.
197383
BOC User
14/10/2013 22:41:04
onore
Tutte le convenzioni militari danno in realtà ragione al capitano Priebke.
197333
BOC User
12/10/2013 19:14:40
ONORE
197312
BOC User
11/10/2013 19:51:30
ONORE
La scomparsa di Zio Turi

11/10/2013 - 18:41

Schivo e riservato com'eri, ti starai chiedendo "e mo la cicciarella cosa fa, io non voglio encomi . Non lo è infatti, ma vorrei che tutti sapessero che uomo eccezionale sei stato, fin da quando sei partito per gli USA con una valigia piena solo di intelligenza e amore. Un amore così forte che ti ha costretto a varcare l'oceano e ti ha portato lontano da noi, negli anni in cui l'America era un altro pianeta. Possiamo solo immaginare quanto ti si a costato, perchè dalle lettere, che aspettavamo con ansia, non traspariva mai la nostalgia nè il rimpianto. L'affermazione personale e professionale è stata la giusta ricompensa al tuo valore, e, soprattutto, al tuo modo di essere, sempre umile e generoso con chi non era stato fortunato come te. Sei stato un punto di riferimento ed un sostegno per tutti i "paesani" che arrivavano a Brooklyn, spesso li accoglievi all'aeroporto, che era un pò la tua seconda casa, talvolta chiamandoli a gran voce con i loro soprannomi, per farli sentire ancora a casa. Li aiutavi come potevi, per il posto di lavoro o per il viaggio di ritorno, che non avrebbero potuto sostenere con i pochi risparmi - addirittura in prima classe riuscivi ad inserire qualche umile sidernese, regalandogli un viaggio tra i ricchi; "pensati", - mi raccontava qualcuno - "u Turi i donna Isabella mi fici u viaggiu in prima classe - ieu mi sentia nu pisci sperduto, ma mi scialai e potti vidiri a mamma mia pe l'urtima vota".
Era il tuo ed il suo riscatto morale. Non da te apprendevamo dei tuoi successi, ma dai connazionali e tavolta dai giornali, che ti ritraevano con noti personaggi della cultura, della medicina, dello spettacolo. Tu sminuivi tutto con un gesto della mano. L'amore per la tua terra ti ha fatto vivere da pendolare e tu, che potevi andare nei posti più belli del mondo, hai sempre scelto di tornare qui. Anche tu ti illuminavi d'immenso ed il tuo immenso era Siderno, il mare, il corso, gli amici, che incontravi e ti seguivano per la passeggiata, e ad ogni incontro la squadra diventava più numerosa. Noi spesso ti abbandonavamo, un po’ infastiditi dalle frequenti soste per salutare questo e quello. Per non parlare delle soste presso i vari negozi, dove compravi tutto ciò non ti serviva, che non avresti mai indossato, solo per aiutare gli altri. Tutti erano tuoi amici, tutti buoni, contraddistinti solo dal nome e non dall'appartenenza, perchè il tuo cuore generoso non evidenziava difetti o cattiveria. Per tutti eri zio Turi . E per noi, per me lo zio amatissimo, pieno di entusiasmo per ogni cosa, amante della vita in un'epoca di malessere, felice per le cose più semplici - il mare in tempesta, il bagno in compagnia, la festa dei Santi di Riace. Le tue sagre del maiale, all'insegna dell'ospitalità, rimarranno tra i ricordi più belli. Non sapevamo mai per quanti apparecchiare, perchè arrivavi sempre con tutti quelli che incontravi per caso , felice di regalare ore di allegria e spensieratezza . La tua casa era aperta a tutti ed il tuo cuore pure. Anche in quest'ultima fase hai scelto Siderno, rinunciando all'ospedale americano di avanguardia , perchè qui ti sentivi veramente a casa . Sarà triste senza di te , ci sentiamo già orfani e per noi da domani il corso di Siderno sarà deserto , ma ci accompagnerà il ricordo del tempo trascorso insieme , gli insegnamenti che ci hai trasmesso con i comportamenti , non con le parole , la consapevolezza che per vivere bene bisogna vivere in pace con se stessi e con gli altri , con umiltà e con generosità, apprezzando le cose semplici ma importanti : la famiglia , gli affetti, la bellezza dei luoghi, che gratificano l'animo dell'uomo e lo avvicinano a Dio. Grazie, zio Turi- Sapeva dieterna giovinezza il tuo modo di essere e di vivere ,e noi ne faremo tesoro.
197234
BOC User
10/10/2013 22:25:20
pe er porco : Onore a Lui...
197107
BOC User
08/10/2013 15:10:52
ONORE
NOTIZIE AS ROMA - ''Mi è sempre piaciuta la Roma''. Parola di Roger Federer: il tennista svizzero, impegnato nel Masters 1000 di Shanghai, così risponde alla domanda di un fan su Twitter. ''Quale squadra italiana di calcio preferisci?'', la domanda. ''Mi è sempre piaciuta la Roma'',risponde Federer.
196687
BOC User
02/10/2013 18:12:33
ONORE

196568
BOC User
01/10/2013 14:39:25
onore alla lobby degli orafi
In una tragica sera del gennaio 1977 Luciano Re Cecconi viene freddato da un colpo di pistola esploso dal titolare di una gioielleria. "Cecco", come amorevolmente lo chiamavano i tifosi della Lazio, aveva contribuito a regalare ai capitolini uno storico scudetto. Era molto conosciuto a Roma ma non dal titolare di una gioielleria, al secolo Bruno Tabocchini, che scambiandolo per un rapinatore lo uccise. Per anni sulla tragedia di quel calciatore biondo e decisamente poco estroverso è stata fornita la versione dello "scherzo finito male". Questa teoria, rafforzata da un processo frettoloso e da una opinione pubblica soddisfatta, è stata tramandata per 35 lunghissimi anni senza che nessuno avesse voglia o interesse a metterla in discussione. A ribaltare la tesi è stato il giornalista Maurizio Martucci con il suo libro-inchiesta Non scherzo. Re Cecconi 1977, la verità calpestata (Libreria Sportiva Eraclea, 2012). Il giornalista romano dimostra che "Cecco" rimase vittima di una tragica circostanza, ma non pronunciò mai le parole "Fermi tutti, questa è una rapina" che innescarono nel gioielliere la reazione armata.

Martucci, sono passati tanti anni può brevemente ricordare chi era Luciano Re Cecconi?
"All’epoca era un giocatore molto importante. Aveva una caratteristica distintiva: era biondo. A Roma faceva innamorare le ragazzine e veniva dipinto come un latin lover anche se non lo era affatto. Era un giocatore di primissimo livello ed era entrato nel giro della Nazionale quando le partite degli azzurri erano al massimo 10 all’anno. Se stavi in quel giro era un riconoscimento di prestigio e poi non c'erano i campioni stranieri. Oggi, a distanza di anni, c’è ancora gente che si commuove per la scomparsa di quel ragazzo di 28 anni".

Lei ribalta la versione ufficiale della morte di "Cecco". Come si svolsero i fatti di quel tragico 18 gennaio 1977?
"Luciano Re Cecconi non ha fatto niente. La teoria dello scherzo finito in tragedia è quella della difesa del gioielliere. Bruno Tabocchini portò avanti questa teoria e riuscì ad affermarla in tribunale attraverso un processo per direttissima celebrato in 18 giorni. Un processo anomalo e pieno di pecche. La verità è che si è trattato di una disgrazia. Erano anni particolarmente difficili. Romanzo Criminale descrive in modo filmico quel periodo, ma rende l’idea di una Roma città a mano armata dove c’erano sparatorie e morti all’ordine del giorno".

Ma nello specifico, come si arrivò alla disgrazia?
"C’era un gioielliere che viveva in un clima d’ansia e che aveva già subito una rapina vera scatenando una sparatoria a cielo aperto. Tabocchini era una corda di violino ed era emotivamente molto provato, vide entrare nella sua gioielleria due persone che non conosceva cioè Re Cecconi e Pietro Ghedin, accompagnate da un profumiere romano chiamato Giorgio Fraticcioli. In pochissimi secondi si consumò la tragedia: una incomprensione, Tabocchini che tira fuori la pistola e la punta su Ghedin, poi gira l’arma su Re Cecconi sfiora il grilletto e parte un colpo mortale. Era una pistola priva di sicura e con il cane sensibilizzato quindi è bastato spostare l’arma e sfiorare il grilletto per colpire il calciatore. E’ una dinamica assurda, ma è esattamente questo quello che è successo".

Allora come mai si è creato il mito dello scherzo di Re Cecconi e delle parole "Fermi tutti, questa è una rapina"?
"L’informazione allora era diversa e non c’era la multicanalità. Le notizie venivano veicolate in parte attraverso i giornali e in parte attraverso i canali e la radio Rai. La versione diffusa da questi canali, molto ristretti, fu quella dello scherzo perché l’unico che parlò con la stampa in quel tragico 18 gennaio fu il gioielliere. L’altro testimone oculare dell’omicidio era l’attuale allenatore della nazionale di calcio femminile Pietro Ghedin. Quella sera Ghedin andò a dormire a casa di Gigi Martini, suo compagno di squadra e amico inseparabile di Re Cecconi. Ghedin gli raccontò che 'Cecco' non aveva fatto nulla. Nei giorni successivi, probabilmente pressato dall’opinione pubblica, Ghedin cambiò versione avvalorando la tesi dello scherzo. Anche in tribunale fornì due versioni diverse: nella frase preliminare disse che non c’era stato nessuno scherzo, mentre durante il processo cambiò e ribaltò la sua versione. Infatti dagli atti emerge che anche il giudice gli domandò perché stesse cambiando versione. La tesi dello scherzo a questo punto venne avvalorata anche dal profumiere e nessuno ebbe il coraggio di indagare oltre. Perché? C’è un altro elemento molto importante di questa vicenda: Re Cecconi venne bollato politicamente".

Cosa c’entra la politica con un fatto di cronaca nera indirettamente legato al mondo del calcio?
"Già, cosa c’entra la politica con il calcio? Allora però la Lazio veniva bollata dai mezzi di informazione come una squadra marcatamente schierata a destra. Quindi i media non solo non indagarono sulla morte del calciatore, ma lo bollarono come fascista. Re Cecconi era un paracadutista e quindi l’equazione fu molto semplice: aveva un disprezzo per la vita e voleva viverla in modo spericolato, quindi si era meritato quella pallottola. Non era assolutamente così. Innanzitutto non era di destra, ma semplicemente si disinteressava della politica. Non aveva mai detto: 'Fermi tutti, questa è una rapina'. E questo emerge chiaramente dagli atti processuali. Il mito si crea su questo equivoco con un vortice perverso favorito dallo schiacciamento dell’opinione pubblica foraggiata dalla lobby degli orafi".

La "lobby degli orafi" aveva una forza tale da influenzare l'opinione pubblica?
"All’epoca era una categoria molto forte politicamente. Gli orafi erano costantemente vittime di rapine. Basta pensare a quello che sarebbe accaduto nel 1979 a Milano con Torregiani. Da diverso tempo erano presi di mira da parte dei gruppetti del sottobosco eversivo e dagli extraparlamentari di destra e sinistra che utilizzavano le rapine per l’autofinanziamento. Gli orafi si ritrovarono con un omicidio eccellente, quello di un calciatore famoso, che li portò sulle prime pagine di tutti i quotidiani e sulle reti Rai e a questo punto si strinsero intorno a Bruno Tabocchini pretendendo una sentenza di assoluzione per il gioielliere. Fecero una petizione popolare e presidiarono per 18 giorni il tribunale di Roma. Contemporaneamente Re Cecconi venne abbandonato dalla tifoseria laziale e non venne sostenuto dall'opinione pubblica dopo la demonizzazione subita da parte della sinistra. Abbandonato a se stesso lo sfortunato Re Cecconi, passò il teorema dello scherzo. A questo punto il giudice, nonostante le forti richieste della pubblica accusa contro Tabocchini che smontavano completamente la teoria dello scherzo finito male, diede ragione alla difesa e assolse il gioielliere. Per questo motivo per 35 anni si è perpetrato questo mito".

Quali sono state le reazioni davanti alla sua inchiesta e alla riapertura del caso?
"La prima reazione è stata quella della famiglia di Re Cecconi. La moglie e vedova di 'Cecco' e i suoi figli mi hanno ringraziato perché ho dato loro delle certezze su quelli che fino ad oggi erano solo indizi. Non dimentichiamo che al tempo della tragedia la moglie di Re Cecconi aveva poco più di vent’anni, il primo figlio due e il secondo solo sei mesi. Non avevano seguito il processo e le carte non le avevano mai viste. Quindi una reazione estremamente positiva da parte di chi ha sempre avuto dei sentori che le cose non erano andate come venivano raccontate. C’è stata poi quella altrettanto positiva di tutti gli ex compagni del calciatore. I campioni d’Italia della Lazio sono venuti alla presentazione del libro e di un film sulla vicenda censurato dalla Rai. Anche loro mi hanno confermato che avevano dei dubbi, ma nessuna certezza".

C’è stata però anche qualche reazione negativa da parte dei nostri colleghi giornalisti.
"E’ stata una piccola parte formata perlopiù da alcuni giornalisti dell’epoca che percorrendo il filone del sentito dire e della vox populi hanno avvallato e avvalorato la tesi dello scherzo senza andare a leggere le carte del processo o a raccogliere le testimonianze di prima mano. Si sono scontrati con la mia versione e qualcuno di questi giornalisti non ha voluto accettare la revisione. Invece in questi casi la revisione è importantissima, basta pensare al caso di Donati Bergamini che è tornato alla ribalta in questi giorni con la riapertura del caso e il ribaltamento delle teorie iniziali".

Lei ha accennato anche allo strano caso del film della Rai prima girato, poi censurato e quindi mai andato in onda.
"S'intitola L'appello - Il Caso Re Cecconi, non è mai stato diffuso e nessuno, neanche chi l’aveva interpretato, l’aveva mai visto. La prima assoluta di questo film è stata il 18 gennaio 2012 durante la presentazione ufficiale del mio libro. Il film è stato realizzato nel 1983 e svelava tante verità nascoste, ma venne subito censurato perché la famiglia del gioielliere si oppose denunciando la Rai e lo sceneggiatore. La causa è andata avanti per tredici lunghissimi anni e per tutto questo periodo il tribunale ha intimato alla Rai di non mandarlo in onda. La cosa strana è che la Rai ha vinto la causa, ma poi non l’ha mai mandato in tv arrivando a dimenticarsi di averlo girato. E’ un film importante perché evidenzia tante di quelle falle della vicenda che poi ho riscontrato nel mio libro".
196392
BOC User
29/09/2013 12:29:57
onore
http://www.pallino.com/
196167
BOC User
25/09/2013 23:07:03
ONORE
a Lele l'attento nonostante le peripezie
195930
BOC User
22/09/2013 19:54:58
QUANTO ONORE
195842
BOC User
20/09/2013 14:35:32
Onore
Io lo voglio dire: me fanno schifo, come io faccio schifo a loro. Ancora con questa cazzata che Roma-Lazio sia solo una questione di calcio. Non è vero, da quando siamo regazzini è di più. Ma quali fratelli e cugini, io non ho parenti. Che vinciamo pareggiamo o perdiamo non mi cambia niente, sempre schifo mi fanno. Qualora vincessimo 4 a 0 sarebbe solo l'inizio del risarcimento (DAVID ROSSI, Tele Radio Stereo, 92.7)
195747
BOC User
18/09/2013 17:30:01
ma er tautauggio di liboni?quanto onore
http://www.repubblica.it/persone/2013/09/18/foto/l_artista_che_si_disegna_addosso_il_ritratto_sulla_coscia-66807532/1/?ref=HRESS-9#5
195597
BOC User
17/09/2013 01:40:56
ONORE
A 195571
195503
BOC User
14/09/2013 13:19:06
ONORE
GABRIEL OMAR BATISTUTA,
E IL PORTIERE SE RIFIUTA
DE DA NA SMANACCIATA
A STO COLPO DE BAZOOKA.