Anno di fondazione dell'ASR
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BOC User
08/09/2014 13:37:41
onore a maico
OLEDOBRASIL.COM.BR - Secondo quanto riporta il sito brasiliano ci sarebbe uno scherzo pesante e di cattivo gusto dietro l'esclusione dal Brasile di Maicon.Dopo la partita contro la Colombia il terzino della Roma si è recato in una discoteca insieme a Elias e Oscar. Secondo un giocatore della nazionale, che non ha voluto rendere noto il nome, Elias avrebbe bevuto molto provocando vari disagi ai colleghi e confusione in discoteca.Per fargliela pagare allora Maicon ha voluto organizzare uno scherzo: tornati in albergo Maicon ha chiesto alla cucina pepe e latte condensato. I due ingredienti il terzino li ha usati per far credere ad Elias di aver avuto rapporti con quattro uomini.Elias ha allora avvertito Dunga che ha fatto visitare il suo giocatore dallo staff medico. Pochi minuti dopo Maicon è stato convocato per informare la polizia sulle caratteristiche degli uomini che avrebbero violentato Elias.A quel punto il terzino della Roma, rendendosi conto della gravità che stata prendendo la situazione, ha raccontato la sua verità. A quel punto, in una riunione con lo staff tecnico riunita d'urgenza, Dunga ha deciso di escludere Maicon preferendo anche non raccontare nulla dell'accaduto per preservare Elias.
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BOC User
28/08/2014 23:52:16
Onore a Moti
Champions, Ludogorets: Cosmin Moti eroe. Il difensore para due rigori
Il romeno ex Siena è andato tra i pali contro la Steaua dopo l'espulsione del portiere ed è stato decisivo per la qualificazione dei bulgari ai gironi di Champions. Il presidente ha annunciato in diretta che gli intitoleranno una tribuna del nuovo stadio

28 agosto 2014 - Milano

Avevamo un eroe in casa e non lo sapevamo. Cosmin Moti ha giocato 5 mesi al Siena tra il 1° settembre 2008 e il 2 febbraio 2009. Ma nei 169 minuti di Serie A che gli concesse Marco Giampaolo si limitò a fare il difensore, il ruolo per cui in teoria è pagato anche dal Ludogorets. Nella notte in cui i bulgari accedono per la prima volta ai gironi di Champions, a scrivere la storia è proprio il 30enne calciatore romeno che indossa i guanti, va in porta e para due rigori che fanno fuori la Steaua Bucarest.

il fatto — L'antefatto è l'espulsione di Stojanov a un minuto dal termine dei supplementari, guadagnati anche questi "eroicamente" con un gol pazzesco di Wanderson al 90'. La sua prodezza, però, finirà per passare in secondo piano grazie a quelle incredibili di Moti. Georgi Dermendzhiev,tecnico del Ludogorets, ha già finito i cambi e così decide che ad andare in porta debba essere il difensore. Che indossa i guanti e la maglia numero 91 del portiere di riserva, Ivan Cvorovic. Nemmeno il tempo di rendersene conto e si va ai rigori. Moti va subito dal dischetto e segna, poi torna in porta. Si muove come Grobbelaar (o Dudek, se preferite) cercando di distrarre gli avversari: intuisce il primo tiro, poi para il secondo di Parvulescu rimediando all'errore precedente di Wanderson. Poi non sbaglia più nessuno fino al quattordicesimo penalty: calcia Rapa e Moti addirittura blocca il pallone in uno stile che ricorda Sylvester Stallone in "Fuga per la vittoria".
eroe — La notte di gloria di Moti non finisce qui: il romeno festeggia con i compagni sotto la curva dei tifosi del Ludogorets e va ad abbracciare Stojanov, il portiere espulso a un minuto dalla fine. Poi è il presidente Aleksandar Aleksandrov a rivelare che quelle prodezze saranno ricompensate con un premio speciale: "Intitolerò a Moti una tribuna dello stadio". Non il Vasil Levski di Sofia, dove il Ludogorets gioca le partite di Champions, e neppure la Ludogorets Arena di Razgrad, l'attuale impianto di 6 mila posti. Ma quello nuovo che verrà costruito a breve nella piccola città bulgara che andrà alla conquista d'Europa. Grazie (anche) a un difensore para-rigori.

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BOC User
10/08/2014 15:43:51
Onore alla resistenza curda che tenterà di fermare i salafiti
208227
BOC User
26/07/2014 22:42:53
Onore ai facchini




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BOC User
18/07/2014 22:40:54
onore a loro

Cantano con un vibratore tra le gambe: l'esperimento della girlband Adam

La girlband Adam, gruppo olandese che fa musica elettronica, ha pensato di imitare l'idea del fotografo e regista americano producendo un videoclip della canzone Go to Go con un vibratore a testa fra le gambe cercando di cantare mantenendo intonazione
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BOC User
13/07/2014 16:36:54
Onore a Grignani
che ieri ha festeggiato er bicentenario della fondazione dei Carabinieri con un paio de loro che se lo volevano beve
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BOC User
30/06/2014 16:12:58
onore al commento di FabrizioRoma
https://twitter.com/MedhiBenatia/status/483597493129986048
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BOC User
19/06/2014 01:14:34
Onore a VAnni e Pacciani
Rileggendo il racconto de Er Porco, mi è venuta un mente una cosa che mi è successa l'altro giorno e visto che il campionato e' fermo mo ve la racconto. Stavo seduto al bar dopo aver staccato da lavoro, e vedo una dall'altra parte della strada che me arapa da subito. Premesso che ognuno ha i propri gusti, a me me piaceno le ballardone, no proprio ciccione eh ma belle in carne specie se grosse de culo. Questa attraversa la strada e comincio a impreca che venga ar bar a sedesse; tempo due secondi e sta li davanti a me de spalle. Cazzo se mette a sede posa un libro sul tavolino, ordina una birra e noto che dai bordi della sedia di ferro Er culo glie travasa, de grasso pure ma glie travasa, si insomma i classici tipi che ce vanno anozze l'africani. Er sangue me sale ar collo anche perché quando ha ordinato me so accorto che è de Roma pure e nonostante il fatto di prova a parla forbito se sentiva. Si insomma na coatta che prova a fa quella de classe e questo me ha fatto arapa ancora de più. C'ha un vestito nero e scarpe de vernice e' sudata e appare stanca e infatti se leva pure le scarpe che se vede aveva male ai piedi,sta "finezza" ulteriore a condimento de tutto m 'ha fatto così trasalire che so dovuto Anna ar cesso a famme na sega e immaginamme na bella scopata alla prociuttona!!

Onore per Vanni e Pacciani!
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BOC User
17/06/2014 09:50:05
c'e' anche un tocco di jalisse (onore ai)
Occupare un posto in curva, sostenere una squadra di calcio, cantare per i propri colori,
confrontarsi con chi proviene da città o realtà differenti dalla nostra non puo' essere
descritto in poche righe o tantomeno con fiumi di parole.
206714
BOC User
29/05/2014 13:18:26
Io tifo Indios al Mundial, onore agli arcieri dell'amazzonia ribelle






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BOC User
19/05/2014 17:35:32
dice che lotito ha preso questo, speriamo sia na calla (onore a)
http://it.wikipedia.org/wiki/Stefan_de_Vrij
205498
BOC User
28/04/2014 17:19:46
ONORE A BERNABUCCI
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BOC User
12/02/2014 11:09:53
ONORE A SANTE MORETTI
Il compagno Sante Moretti se n'è andato. Ma ci lascia molto
Sante Moretti se n'è andato. Lo ha fatto in punta di piedi, da autentico combattente quale è sempre stato per l'intera sua vita, non lasciando mai che la grave malattia che se l'è portato via diminuisse il suo impegno militante, generoso e intelligente, per la causa che è stata la ragione della sua esistenza: la lotta contro ogni forma di prevaricazione e di ingiustizia e per la realizzazione degli ideali comunisti a cui è stato fino all'ultimo indeflettibilmente coerente. Pensare che non lo rivedremo più ci riempie di una tristezza e di un'amarezza non raccontabili. Non potremo più contare sul suo prezioso contributo di analisi, di critica e di proposta che in particolare sulle materie previdenziali e pensionistiche Sante ci ha sempre offerto, con una competenza ed un'acutezza rare a trovarsi in un mondo politico in cui è alquanto diffusa, spesso anche a sinistra, approssimazione e superficialità. Solo pochi giorni fa l'ultimo suo scritto, per Liberazione, come sempre efficacissimo contributo sulle pensioni d'oro, che ripubblichiamo in queste pagine. Ma è soprattutto la passione di Sante che in questo orribile giorno vorremmo ricordare: uno sprone ed un insegnamento per tutti, giovani e anziani, a non cedere mai alla demoralizzazione, al pessimismo, men che meno alla resa, neppure nei momenti più difficili che la vita pubblica e la sorte personale riservano. Grazie Sante, per tutto quello che hai fatto e che ci hai insegnato. Un abbraccio fortissimo a Neda Graziani Moretti.
201434
BOC User
11/01/2014 16:03:13
Coda di Lupo (onore a dk)
Oggi si è sentito poco bene una merda che già erano 8 anni che stava pochissimo bene.

Ma 15 anni fa moriva Fabrizio De André, sperando qualcuno lo ricordi ancora

201429
BOC User
11/01/2014 11:55:17
onore a 2:25
198863
BOC User
11/11/2013 17:49:16
onore a passante
* CONTRO TUTTO E TUTTI OSTINATAMENTE ROMA *
197553
BOC User
17/10/2013 11:38:59
onore a Garcia!
Rudi, come è andata davvero per il suo arrivo alla Roma?
Ero in piena riflessione. Ero ancora del Lille per questa stagione e volevo sapere quale sarebbe stato il mio futuro alla luce del cambio in corsa del progetto societario, rispetto a quello che mi era stato presentato all’inizio. Poi la Roma si è fatta sentire, a Milano ho incontrato Walter Sabatini, il ds della Roma. Un uomo di carattere, che ti guarda negli occhi, che ti parla in modo molto schietto e onesto. Ed è stato un incontro interessante perché la sua prima frase è stata: “Ti abbiamo fatto venire a Milano – io ero infatti in ferie per alcuni giorni – ma non sarai tu il prescelto”. Dunque era una bella sfida (ride, ndr), siamo rimasti due o tre ore a discutere, e poi alla fine, tre giorni dopo, sono dovuto volare a New York per incontrare il team del presidente della Roma, Pallotta – sì perché abbiamo da due stagioni una proprietà americana – poi le cose si sono accelerate. La Roma è un grande club europeo, un club che per me non ha vinto abbastanza, sono solo tre gli scudetti in vetrina, pur essendo la Capitale d’Italia. È un posto difficile, me lo avevano anticipato, l’ho subito visto con i miei occhi, ho capito immediatamente che era necessario avere del carattere per allenare la Roma. Ma è una sfida fantastica. La cosa più frustrante per me – debbo ammetterlo – è stata la lingua. Parlavo due parole d’italiano al mio arrivo… Ho trovato soprattutto un gruppo ferito. Questa cosa mi ha molto colpito. Poi abbiamo visto gli striscioni, alcuni pseudo-tifosi hanno insultato alcuni dei miei giocatori prima della partenza per il ritiro e lo hanno pure fatto a 700 chilometri da Roma, fino alla frontiera con l’Austria. Per prima cosa abbiamo dovuto proteggere i giocatori, poi ridare loro fiducia, e innanzitutto in loro stessi. Per esempio Federico Balzaretti, che ha segnato al derby. Poi sapevo che tutti erano irrequieti per il fatto di dover giocare il derby alla quarta giornata, anche in seno al club, ma per me era meglio così: avremmo voltato pagina al più presto. Ovvio che dovevamo vincere quella partita, ma ci siamo arrivati con tre successi di fila e 9 punti in tasca, che ci hanno aiutato molto. E questo ha permesso di cancellare un po’ quel terribile momento che la Roma aveva vissuto perdendo la Coppa Italia nella scorsa stagione, nel mese di maggio, contro il nemico giurato, che è l’altra squadra della città. Ecco, da quel momento le cose vanno bene.



Non ne conosce il nome? (l’intervistatore ride, ndr)
È la squadra di cui non si pronuncia mai il nome (ride anche Garcia, ndr).



Ok. Ho un altro piccolo video da mostrarle, Rudi (si vede Garcia che lancia dei cori verso i tifosi del Lille, come un capocurva, ndr). Ho fatto mettere queste immagini perché il passaggio al Lille rappresenta un punto importante della sua carriera di allenatore. Allora, a che punto è del suo cammino personale?
Non ho un piano per la carriera, è molto onesto da parte mia dirlo. Ho sempre lavorato nei miei club come se ci dovessi rimanere per sempre, ho fatto questo a Dijon, che ha dato inizio alla mia avventura come allenatore di prima squadra, e infatti ci sono rimasto 5 stagioni. L’ho fatto al Le Mans, ma lì sono stato un anno solo perché il Lille, il club dove sono cresciuto (come calciatore, ndr), è venuto a prendermi. Alcuni erano parecchio scettici al mio arrivo, perché secondo loro mi servivo di questo club come rampa di lancio… ma 5 anni segnano la storia di un uomo. Ho vissuto uno storico “double” (coppa e campionato di Francia, ndr) e delle cose incredibili, non solo con i miei giocatori, ma anche con i miei dirigenti, con il presidente Michel Seydoux. Cose che saranno incise per sempre nella storia del club e nella mia personale memoria. Ecco… poi… non avevo mai pensato di allenare un giorno in Italia e ancor meno la Roma, anche se avevo visitato la città 3 o 4 anni prima e mi ero detto che era veramente fantastica. Oggi poi l’avventura continua. Qualsiasi cosa accadrà alla fine di questastagione, sarà stata comunque un’esperienza che mi avrà arricchito personalmente. E sarà stata molto appassionante. Questo è sicuro.



Parlando di motivi personali e di cammini tracciati, ricordiamo un uomo, suo padre, che se n’è andato quasi cinque anni fa. José Garcia, allenatore, giocatore, Sedan, Dunkerque, grande personaggio del Corbeille-Essonnes… era tutto scritto per lei, Rudi?
Non credo. Vedevo papà fare questo mestiere, anche se a livello dilettantistico. È arrivato fino alla seconda divisione francese, cosa già molto buona. Ma io lo vedevo lavorare tutta la giornata (quasi certamente non nel calcio, ndr), la sera andava agli allenamenti e poi stava via tutto il fine settimana perché a quell’epoca si partiva in bus il giorno prima della partita e si tornava il giorno dopo. E io adolescente mi dicevo sempre che era un mestiere molto ingrato: quando vinci, sono i giocatori che vincono; quando perdi, è l’allenatore che perde. Mi ero proprio detto, per scappare da quel destino che era mio, e lo sapevo, che non avrei fatto questo mestiere.



Ma poi, ovviamente e logicamente, essendo caduto da piccolo nel pentolone (come Obelix, è un modo di dire francofono, ndr) faccio delle cose – oggi – che sono per lui, per mio padre.



Suo padre era malato per la bicicletta.
Sì, esatto. Ho un nome germanico come il campione tedesco (di ciclismo, ndr) Rudi Altig.



È per lui che suo padre le ha dato il nome Rudi?
Sì, e anche per avere questo piccolo lato cartesiano che fa un po’ difetto ai popoli latini (Garcia ride, e con «cartesiano» intende metodico, rigoroso, ndr). Sicuramente è così.



Rudi Altig, vincitore nel 1964, anno della sua nascita, del Giro di Andalusia e del Giro delle Fiandre. Tra le persone che hanno segnato il suo cammino c’è ovviamente suo padre. Ma c’è un altro viso forte che vorrei farle vedere (scorrono delle immagini, ndr). Quello di Robert…
Ovviamente! Robert Nouzaret! Quando lascio il Lille – non bisogna scordarsi che ci ho giocato 6 anni, è lì che ho firmato il mio primo contratto professionistico e ho trascorso begli anni – Robert diventa l’allenatore del Caen e mi ingaggia, Caen che era per la prima volta in prima divisione. È una persona dalla quale ho imparato parecchio. Quando mi ha chiamato come assistente al Saint-Etienne, mi ha insegnato a strutturare un club. È un grande “costruttore” (probabilmente un manager alla Ferguson, ndr), è un gran signore e ha certamente contato molto per me, sia quando ero giocatore al Caen sia per il mio reintegro tra i professionisti, perché non mi scordo che ho anche allenato tra i dilettanti (al Corbeille-Essonnes, ndr), dove ho ottenuto una promozione. È vero anche che, quando alleni tra i dilettanti, hai voglia di tornare tra i pro. E Robert mi ha permesso di farlo. Ecco, posso dire che la mia qualità nel saper fare tutto e nello strutturare un club la devo a lui.



Lei ha un carattere risoluto, ma poi vediamo che ci sono molte cose che la toccano, suo padre, Robert (Nouzaret, ndr), o che addirittura la fanno un po’ barcollare. Ci sono così tanti altri visi sul suo percorso. Ce n’è uno molto forte che l’accompagna sempre, un viso scolpito con il coltello (testuale, ndr), che ha giocato con lei nei Pulcini a Corbeille- Essonnes. Un bel tipetto anche lui. È Fred Bompard (il suo vice alla Roma, ndr).
Fred è il mio fedele assistente.



Avete vissuto tutto insieme: i Pulcini, le ragazze, la disoccupazione.
Sì, abbiamo vissuto parecchie cose insieme. È veramente una persona che merita di essere conosciuta, perché sotto l’aspetto un po’ burbero, massiccio, ha un cuore grande così. È un lavoratore instancabile. Sotto questa faccia da duro si nasconde un uomo affettuoso. Come me, penso.



(mostrano a Garcia il video in cui, dentro lo spogliatoio del Lille, suona “Porompompero” di Manolo Escobar, ndr)
È un po’ quello che è successo quando sono arrivato alla Roma. Ovviamente sono andati a cercare delle cose della mia vita precedente, tra le quali questa. Finora è andato tutto bene, non c’è stato nessun problema particolare, ma le posso assicurare che, se non fosse così, sono cose come queste che possono generare problemi.



(l’intervistatore chiede al pubblico se vogliono vedere Garcia suonare ancora quel brano in diretta, e in studio gli viene data una chitarra, ndr).
No, no, no. Nella vita non possiamo ripetere due volte gli stessi errori. Dovete capire che in Italia c’è una copertura mediatica enorme. Come ho appena detto, sono cose che non rinnego, che sono state fatte in un contesto particolare e preciso.



Ci faccia solo un piccolo accordo alla U2, allora.
No, no. È vero che gli U2 sono il mio gruppo preferito, ma meglio di no. La musica è importante nella vita di tutti e nella mia in particolare. Ci sono dei momenti forti della vita che possono essere accompagnati da questo tipo di musica, la usiamo a volte nel dopogara durante i nostri confronti. Ma ecco, questo è un po’ il mio universo personale e particolare e soprattutto un pezzo della mia gioventù che adesso è molto lontano.



Come i barbecue il giovedì a Caen.
Sì, i barbecue il giovedì a Caen con amici che oggi sono stranamente quasi tutti allenatori.



Rudi, a lei piace questo profilo di attaccante che attira a sé i difensori. Come Tulio de Melo al Lille.
No, quello che mi piace è avere a disposizione vari attaccanti con profili complementari e diversi, cosa che avevamo a Lille con il profilo di Tulio de Melo, un attaccante di quel tipo. Ed è quello che ho oggi a disposizione alla Roma, visto che Francesco Totti può giocare come punta. Gervinho anche, ma ho un Marco Borriello che è un attaccante da area di rigore. Avere una serie di opzioni, con vari profili di attaccanti che sappiano fare più movimenti, è certamente un “di più” per la squadra e per l’allenatore.



(Passano al maxischermo le immagini di Townsend del Tottenham, ndr) Rudi, parlavamo dell’importanza di avere giocatori di fascia come Debuchy (allenato da Garcia al Lille e ora in nazionale, ndr). Da qui l’importanza di avere preso Gervinho alla Roma. Gervinho che davano per cotto.
Beh, la risposta viene sempre dal campo. Non esiste un altro tipo di risposta. Ma è vero (riferendosi al filmato, ndr), Townsend è un giocatore raro nel calcio moderno, non ci sono tanti attaccanti come lui capaci di andare nell’uno contro uno, di portare via gli avversari e poi di andare in profondità, grazie alla loro velocità, facendosi dare la palla. È per questo che ho preso Gervinho. E per il momento va molto bene, sì…



Ah beh, sì, eccome se va bene… Molto bene, anche!
(Garcia ride, ndr)



E Strootman?
Sta bene, sta bene. In più (parlando dell’Olanda, ndr) erano già qualificati prima di questa partita (con l’Ungheria, ndr) e noi giochiamo venerdì (domani, ndr) contro il Napoli e spero che martedì van Gaal mostrerà buon senso (e così è stato, Strootman non è sceso in campo, ndr).



Ma lei dà delle direttive ai giocatori o, come gli altri, chiama il selezionatore della nazionale?
No, ma quello che succede è che esiste uno scambio di informazioni con loro. Non chiediamo nulla perché il selezionatore è l’unico a decidere cosa fare con i suoi giocatori, ma mi è piaciuto moltissimo quello italiano (Prandelli, ndr), che ha detto in conferenza stampa che sa bene che c’è una partita importante tra Roma e Napoli venerdì (domani) e avrebbe mostrato buon senso nei confronti dei giocatori della sua selezione. Ecco, penso che sia una buona cosa.



Qual è il profilo di Strootman? Lo si conosce poco.
È un giocatore che sa fare tutto, con molto carattere, a 23 anni è già capitano della nazionale olandese. Formidabile piede sinistro, abile nel proiettarsi in avanti, capace di cambi repentini di ritmo, vede tutto prima di tutti, col suo piede sinistro è capace di fare qualsiasi cosa.



Come lo ha preso la Roma?
Abbiamo parlato molto con Walter Sabatini, non era facile prenderlo, prima di tutto perché il PSV è un cliente molto ostico nelle trattative. E poi era necessario convincerlo. Ho passato molto tempo a parlare con lui al telefono prima di fare breccia e di persuaderlo che volevamo creare una grande squadra. E che avevamo il progetto di diventare uno dei più grandi club europei nei prossimi anni.



Cosa lo ha fatto esitare?
È stato uno dei pochissimi giocatori che, quando gli ho parlato la prima volta, mi ha chiesto quale sarebbe stato il profilo della squadra, quali giocatori soprattutto ne avrebbero fatto parte. E questo è davvero raro, perché l’allenatore spiega la propria filosofia e il suo sistema di gioco, mentre lui voleva sapere chi sarebbe stato lì, chi sarebbe partito ma specialmente chi sarebbe arrivato, per essere sicuro della sua scelta. E spero che ora non sia deluso.



Rudi, come siete messi in difesa?
Avevamo già dei giocatori in certi ruoli, “Leo” Castan, brasiliano, Nicolas Burdisso che tutti conosciamo e una promessa molto giovane che di nome fa Romagnoli. Abbiamo reclutato Mehdi Benatia, che tutti qui nella regione di Parigi conoscono e poi un giovanissimo di 17 anni, il nostro piccolo baby (testuale, ndr) Tin Jedvaj. Ma la mia cerniera difensiva, che funziona e ha preso solo un gol, è Benatia-Castan, una cerniera molto sicura non solo in fase di ripartenza ma anche molto forte fisicamente, nei duelli. Dal punto di vista difensivo, sono perfettamente complementari. Sì, per il momento va tutto bene.



Benatia. Gran bel colpo perché era molto richiesto. Per lui ha fatto la stessa cosa di Strootman? Una telefonata?
Sì, ci siamo parlati con Mehdi ed è stato anche più facile visto che ci conoscevamo già da un po’. E poi anche perché proviene dal mio stesso dipartimento (il 91, ovvero Essonne, ndr). È un giocatore di grande qualità e talento, con un senso dell’anticipo fenomenale, forte di testa, forte fisicamente, ma soprattutto un uomo di grande spessore, intelligente, uno che ragiona bene. E questo è molto interessante per un allenatore, perché un calciatore così è anche un uomo spogliatoio. Poi ha giocato tre anni all’Udinese, parla un italiano perfetto. Ecco, speriamo che duri. Tutti insieme, siamo per il momento molto solidi dal punto di vista difensivo.
197234
BOC User
10/10/2013 22:25:20
pe er porco : Onore a Lui...
196568
BOC User
01/10/2013 14:39:25
onore alla lobby degli orafi
In una tragica sera del gennaio 1977 Luciano Re Cecconi viene freddato da un colpo di pistola esploso dal titolare di una gioielleria. "Cecco", come amorevolmente lo chiamavano i tifosi della Lazio, aveva contribuito a regalare ai capitolini uno storico scudetto. Era molto conosciuto a Roma ma non dal titolare di una gioielleria, al secolo Bruno Tabocchini, che scambiandolo per un rapinatore lo uccise. Per anni sulla tragedia di quel calciatore biondo e decisamente poco estroverso è stata fornita la versione dello "scherzo finito male". Questa teoria, rafforzata da un processo frettoloso e da una opinione pubblica soddisfatta, è stata tramandata per 35 lunghissimi anni senza che nessuno avesse voglia o interesse a metterla in discussione. A ribaltare la tesi è stato il giornalista Maurizio Martucci con il suo libro-inchiesta Non scherzo. Re Cecconi 1977, la verità calpestata (Libreria Sportiva Eraclea, 2012). Il giornalista romano dimostra che "Cecco" rimase vittima di una tragica circostanza, ma non pronunciò mai le parole "Fermi tutti, questa è una rapina" che innescarono nel gioielliere la reazione armata.

Martucci, sono passati tanti anni può brevemente ricordare chi era Luciano Re Cecconi?
"All’epoca era un giocatore molto importante. Aveva una caratteristica distintiva: era biondo. A Roma faceva innamorare le ragazzine e veniva dipinto come un latin lover anche se non lo era affatto. Era un giocatore di primissimo livello ed era entrato nel giro della Nazionale quando le partite degli azzurri erano al massimo 10 all’anno. Se stavi in quel giro era un riconoscimento di prestigio e poi non c'erano i campioni stranieri. Oggi, a distanza di anni, c’è ancora gente che si commuove per la scomparsa di quel ragazzo di 28 anni".

Lei ribalta la versione ufficiale della morte di "Cecco". Come si svolsero i fatti di quel tragico 18 gennaio 1977?
"Luciano Re Cecconi non ha fatto niente. La teoria dello scherzo finito in tragedia è quella della difesa del gioielliere. Bruno Tabocchini portò avanti questa teoria e riuscì ad affermarla in tribunale attraverso un processo per direttissima celebrato in 18 giorni. Un processo anomalo e pieno di pecche. La verità è che si è trattato di una disgrazia. Erano anni particolarmente difficili. Romanzo Criminale descrive in modo filmico quel periodo, ma rende l’idea di una Roma città a mano armata dove c’erano sparatorie e morti all’ordine del giorno".

Ma nello specifico, come si arrivò alla disgrazia?
"C’era un gioielliere che viveva in un clima d’ansia e che aveva già subito una rapina vera scatenando una sparatoria a cielo aperto. Tabocchini era una corda di violino ed era emotivamente molto provato, vide entrare nella sua gioielleria due persone che non conosceva cioè Re Cecconi e Pietro Ghedin, accompagnate da un profumiere romano chiamato Giorgio Fraticcioli. In pochissimi secondi si consumò la tragedia: una incomprensione, Tabocchini che tira fuori la pistola e la punta su Ghedin, poi gira l’arma su Re Cecconi sfiora il grilletto e parte un colpo mortale. Era una pistola priva di sicura e con il cane sensibilizzato quindi è bastato spostare l’arma e sfiorare il grilletto per colpire il calciatore. E’ una dinamica assurda, ma è esattamente questo quello che è successo".

Allora come mai si è creato il mito dello scherzo di Re Cecconi e delle parole "Fermi tutti, questa è una rapina"?
"L’informazione allora era diversa e non c’era la multicanalità. Le notizie venivano veicolate in parte attraverso i giornali e in parte attraverso i canali e la radio Rai. La versione diffusa da questi canali, molto ristretti, fu quella dello scherzo perché l’unico che parlò con la stampa in quel tragico 18 gennaio fu il gioielliere. L’altro testimone oculare dell’omicidio era l’attuale allenatore della nazionale di calcio femminile Pietro Ghedin. Quella sera Ghedin andò a dormire a casa di Gigi Martini, suo compagno di squadra e amico inseparabile di Re Cecconi. Ghedin gli raccontò che 'Cecco' non aveva fatto nulla. Nei giorni successivi, probabilmente pressato dall’opinione pubblica, Ghedin cambiò versione avvalorando la tesi dello scherzo. Anche in tribunale fornì due versioni diverse: nella frase preliminare disse che non c’era stato nessuno scherzo, mentre durante il processo cambiò e ribaltò la sua versione. Infatti dagli atti emerge che anche il giudice gli domandò perché stesse cambiando versione. La tesi dello scherzo a questo punto venne avvalorata anche dal profumiere e nessuno ebbe il coraggio di indagare oltre. Perché? C’è un altro elemento molto importante di questa vicenda: Re Cecconi venne bollato politicamente".

Cosa c’entra la politica con un fatto di cronaca nera indirettamente legato al mondo del calcio?
"Già, cosa c’entra la politica con il calcio? Allora però la Lazio veniva bollata dai mezzi di informazione come una squadra marcatamente schierata a destra. Quindi i media non solo non indagarono sulla morte del calciatore, ma lo bollarono come fascista. Re Cecconi era un paracadutista e quindi l’equazione fu molto semplice: aveva un disprezzo per la vita e voleva viverla in modo spericolato, quindi si era meritato quella pallottola. Non era assolutamente così. Innanzitutto non era di destra, ma semplicemente si disinteressava della politica. Non aveva mai detto: 'Fermi tutti, questa è una rapina'. E questo emerge chiaramente dagli atti processuali. Il mito si crea su questo equivoco con un vortice perverso favorito dallo schiacciamento dell’opinione pubblica foraggiata dalla lobby degli orafi".

La "lobby degli orafi" aveva una forza tale da influenzare l'opinione pubblica?
"All’epoca era una categoria molto forte politicamente. Gli orafi erano costantemente vittime di rapine. Basta pensare a quello che sarebbe accaduto nel 1979 a Milano con Torregiani. Da diverso tempo erano presi di mira da parte dei gruppetti del sottobosco eversivo e dagli extraparlamentari di destra e sinistra che utilizzavano le rapine per l’autofinanziamento. Gli orafi si ritrovarono con un omicidio eccellente, quello di un calciatore famoso, che li portò sulle prime pagine di tutti i quotidiani e sulle reti Rai e a questo punto si strinsero intorno a Bruno Tabocchini pretendendo una sentenza di assoluzione per il gioielliere. Fecero una petizione popolare e presidiarono per 18 giorni il tribunale di Roma. Contemporaneamente Re Cecconi venne abbandonato dalla tifoseria laziale e non venne sostenuto dall'opinione pubblica dopo la demonizzazione subita da parte della sinistra. Abbandonato a se stesso lo sfortunato Re Cecconi, passò il teorema dello scherzo. A questo punto il giudice, nonostante le forti richieste della pubblica accusa contro Tabocchini che smontavano completamente la teoria dello scherzo finito male, diede ragione alla difesa e assolse il gioielliere. Per questo motivo per 35 anni si è perpetrato questo mito".

Quali sono state le reazioni davanti alla sua inchiesta e alla riapertura del caso?
"La prima reazione è stata quella della famiglia di Re Cecconi. La moglie e vedova di 'Cecco' e i suoi figli mi hanno ringraziato perché ho dato loro delle certezze su quelli che fino ad oggi erano solo indizi. Non dimentichiamo che al tempo della tragedia la moglie di Re Cecconi aveva poco più di vent’anni, il primo figlio due e il secondo solo sei mesi. Non avevano seguito il processo e le carte non le avevano mai viste. Quindi una reazione estremamente positiva da parte di chi ha sempre avuto dei sentori che le cose non erano andate come venivano raccontate. C’è stata poi quella altrettanto positiva di tutti gli ex compagni del calciatore. I campioni d’Italia della Lazio sono venuti alla presentazione del libro e di un film sulla vicenda censurato dalla Rai. Anche loro mi hanno confermato che avevano dei dubbi, ma nessuna certezza".

C’è stata però anche qualche reazione negativa da parte dei nostri colleghi giornalisti.
"E’ stata una piccola parte formata perlopiù da alcuni giornalisti dell’epoca che percorrendo il filone del sentito dire e della vox populi hanno avvallato e avvalorato la tesi dello scherzo senza andare a leggere le carte del processo o a raccogliere le testimonianze di prima mano. Si sono scontrati con la mia versione e qualcuno di questi giornalisti non ha voluto accettare la revisione. Invece in questi casi la revisione è importantissima, basta pensare al caso di Donati Bergamini che è tornato alla ribalta in questi giorni con la riapertura del caso e il ribaltamento delle teorie iniziali".

Lei ha accennato anche allo strano caso del film della Rai prima girato, poi censurato e quindi mai andato in onda.
"S'intitola L'appello - Il Caso Re Cecconi, non è mai stato diffuso e nessuno, neanche chi l’aveva interpretato, l’aveva mai visto. La prima assoluta di questo film è stata il 18 gennaio 2012 durante la presentazione ufficiale del mio libro. Il film è stato realizzato nel 1983 e svelava tante verità nascoste, ma venne subito censurato perché la famiglia del gioielliere si oppose denunciando la Rai e lo sceneggiatore. La causa è andata avanti per tredici lunghissimi anni e per tutto questo periodo il tribunale ha intimato alla Rai di non mandarlo in onda. La cosa strana è che la Rai ha vinto la causa, ma poi non l’ha mai mandato in tv arrivando a dimenticarsi di averlo girato. E’ un film importante perché evidenzia tante di quelle falle della vicenda che poi ho riscontrato nel mio libro".
195210
BOC User
06/09/2013 10:12:23
Onore ar Capitano


NO alla discarica di via Ardeatina (Falcognanna, che non c'entra quasi un cazzo col Santuario che sta vicino al Raccordo...lì il business sò le case...)