1.3: Il requisito soggettivo dell’ appartenenza qualificata degli Operatori di Polizia giudiziaria sotto copertura. L’ art. 97 co. I del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 legittima all’ effettuazione di attività undercover gli Ufficiali di polizia giudiziaria addetti alle unità specializzate antidroga che agiscano in esecuzione di operazioni antidroga disposte dalla Direzione centrale per i servizi antidroga o - d’intesa con questa- dal Questore, dal Comandante del gruppo dei Carabinieri o della Guardia di Finanza o dal Comandante del nucleo di polizia tributaria, o dal direttore della Direzione Investigativa Antimafia. Di analogo tenore è il disposto evincibile dall’ art. 12 quater del D.L. 8 giugno 1992 n.306 convertito con modificazione nella L. 7 aprile 1992 , n.356, laddove qualifica la liceità delle attività sotto copertura condotte da Ufficiali di Polizia Giudiziaria della Direzione Investigativa Antimafia e dei Servizi Centrali ed Interprovinciali. A tal proposito la dottrina fa riferimento alla c.d. provenienza qualificata dell’ ordine. Tanto nell’uno che nell’ altro caso è requisito imprescindibile per la legittimità dell’ attività condotta dall’ undercover è che questi agisca non già di propria ed autonoma iniziativa, bensì nell’ ambito ed in esecuzione di operazioni di polizia specificamente disposte. Con tale disposizione si intende -da un lato evitare iniziative personali, potenzialmente pericolose per l’ incolumità degli operatori e comunque capaci di ingenerare irresistibili dubbi circa la legittimità delle attività poste in essere. Sulla base delle considerazioni adesso formulate un interrogativo nasce spontaneo:nell’ ambito delle operazioni svolte sotto copertura, come si configura il concorso nella medesime operazioni di Ufficiali di Polizia giudiziaria non riconducibili alle strutture specializzate cui sopra si faceva riferimento, ovvero di semplici Agenti della polizia giudiziaria, od anche di semplici privati ? In prima battuta possiamo rispondere che la soluzione al quesito risiede od in una mera interpretazione letterale delle norme richiamate, ovvero in un procedimento ermeneutico ancorato a criteri diversi ed ulteriori rispetto a quelli letterali strictu sensu. Sulla base del primo orientamento dobbiamo propendere per la radicale esclusione dei soggetti sopra individuati e diversi da quelli menzionati dalle norme in esame. Il che comporterebbe, specie in occasione di vaste operazioni undercover di spiccata specificità per la tipologia di perizia tecnica richiesta, il depotenziamento dello strumento investigativo de quo posto nelle mani degli organi inquirenti. Tuttavia, secondo un diverso indirizzo di pensiero, tale risultato esiziale potrebbe essere evitato se si facesse riferimento ad una diversa interpretazione della norma che tenesse conto non solo di un’ ermeneutica dettata dalla prassi di polizia ma desse ragione anche di postulati di natura sistematica o teleologica. Nella fattispecie, si dovrebbe appuntare la considerazione sul richiamo -in esordio della formulazione delle due norme in esame- all’ art. 51 c.p.. Tale riferimento lascerebbe intravedere la possibilità di inserire -quali concorrenti nell’ attività dei soggetti espressamente legittimati alle attività di polizia giudiziaria sotto copertura- anche gli altri appartenenti alle Forze di Polizia. Tutto ciò- è chiaro- laddove si ravvisino condizioni di urgenza, necessità ed indifferibilità anche soltanto di una fase dell’ attività undercover, e qualora l’ attività di concorso si limiti sempre ad un’ attività di controllo, osservazione e contenimento dell’ altrui condotta criminale. D’ altronde tale posizione dottrinaria appare suffragata dalla volontà esplicita del legislatore di ampliare la gamma dei soggetti legittimati alle attività sotto copertura. In questo quadro dovrebbero essere letti gli interventi in materia di repressione dei delitti sessuali e di tutela dei minori posti in essere con la L. 3 agosto 1998 n.269. L’ art. 14 co. II dell’ appena richiamata disciplina legislativa, difatti, riconosce anche al “personale addetto” (ufficiali ed agenti di p.g.) alle strutture addette alla repressione dei delitti di cui sopra la possibilità di operare sotto copertura. Maggior coraggio ha dimostrato il Legislatore della normativa di contrasto del terrorismo internazionale, laddove all’ art. 4 co. II D.L. 18.10.2001., n.374, convertito in L. 15 dicembre 2001 n . 438 laddove consente senza distinzioni ad Ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria. non meglio qualificati di compiere attività sotto copertura. E’ da notare inoltre che il comma VII del medesimo art. 4 effettua esplicito riferimento alla possibilità di avvalersi di ausiliari- anche soggetti privati, dunque- ai quali estendere la causa di non punibilità. In ciò innovando particolarmente rispetto alla disciplina previdente che consentiva l’ utilizzo del soggetto privato durante un’ operazione undercover solo attraverso la predisposizione di un sistema di tutela assai debole e contraddittorio quale quello predisposto per gli ausiliari di p.g. dall’ art. 348 ult. comma c.p.p. Non bisogna tuttavia omettere che -è bene ricordarlo- in ogni caso è requisito legittimante l’ attività sotto copertura eseguita del privato la presenza di un ordine espresso della pubblica autorità. 1.4: Le condotta ammesse nelle attività sotto copertura. Da una lettura del dato normativo riguardante l’ attività dell’ undercover in materia di stupefacenti, si evince immediatamente che questa si sostanzia in una condotta legittima tesa all’ acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope ( art. 97 co I del D.P.R. 9.10.1990, n 309) . Di tenore analogo -anche se manifestante un’ articolazione normativa più complessa- è l’ art 12 quater del D.L. 8.6.1992 n.306 convertito con modificazione nella L. 7 aprile 1992 , n.356. Esso individua le seguenti condotte ammesse durante le attività sotto copertura in materia di ricettazione di armi,riciclaggio e reimpiego simulati,: sostituzione simulata di denaro, beni od altra utilità provenienti da delitti non colposi;adozione di comportamenti atti a consentire l’ impiego di denaro e delle altre utilità provenienti dai citati delitti ovvero volti a rendere difficoltosa l’ individuazione della loro illecita provenienza; acquisto,ricezione, occultamento od intromissione nel fare acquistare, ricevere od occultare in modo simulato armi munizioni ed esplosivi. Ciò significa che i fatti scriminati - pur essendo in via astratta perfettamente conformi alle fattispecie penalmente perseguite- proprio a causa della presenza di una tipica causa di giustificazione, sono privi del requisito essenziale dell’ antigiuridicità. Le condotte,quindi,proprio in quanto lecite escludono la sussistenza di una notizia di reato che imponga al pubblico ministero di procedere all’ iscrizione nel registro di cui all’ art. 355c.p.p. l’ operatore di polizia giudiziaria che le abbia adottate. 1.5 : segue: Le attività c.d. strumentali. Notevole interesse ha suscitato il dibattito in ordine alle attività c.d. strumentali connesse alle condotte ammesse in ordine in materia di attività sotto copertura ex art.97 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 .In proposito la Suprema Corte ha avuto modo si precisare che deve ritenersi corretto estendere l’ impunità non solo all’ attività materiale dell’ acquisto simulato della sostanza stupefacente, ma anche a quelle che costituiscono l’ antecedente logico o l’ovvio sviluppo dell’ azione infiltrata.Si ponga mente ad esempio all’ attività di induzione dell’ infiltrato, finalizzata ad ottenere la cessione a qualunque titolo dello stupefacente , e, dopo l’ acquisto, alle condotte di detenzione e trasporto della droga trattata. Si ponga mente inoltre che non sono infrequenti nella pratica le ipotesi in cui l’ operazione sotto copertura , dopo la posizione della condotta tipica legittimata dalle scriminanti speciali, debba proseguire per soddisfare le più svariate esigenze investigative quali –ad esempio- la necessità di individuare ulteriori componenti del sodalizio criminale, la necessità dell’ allontanamento dell’ infiltrato dal luogo dell’ operazione per ragioni di personale incolumità , ecc. D’ altronde come ravvisato dalla stessa Suprema Corte “[…] ove con l’ acquisto simulato, che pur rappresenta il momento culminante dell’ infiltrazione nell’ illecito traffico, l’attività investigativa dovesse arrestarsi , verrebbe perduta l’ occasione di più cospicui risultati”. Di tale realtà tiene conto la Legge, allorquando il comma II del citato art. 97 prevede che , avvenuto l’ acquisto, l’ autorità giudiziaria può differire il sequestro fino alla conclusione delle indagini; o allorché il comma I dell’ art 98 prevede che l’ autorità giudiziaria può ritardare l’ emissione o disporre che sia ritardata l’ esecuzione dei provvedimenti di cattura ed arresto dei responsabili […]”. 1.6: La caratterizzazione teleologica delle attività undercover. Sulla scorta dell’ art. 97 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 ed in base all’ 12 quater del D.L. 8 giugno 1992 n.306 convertito con modificazione nella L. 7 aprile 1992 n.356, il personale qualificato appartenente agli organismi specializzati di investigazione può infiltrarsi nel circuito criminale al solo fine di eseguire acquisti simulati di sostanze stupefacenti,ovvero di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dalla Legge in materia di stupefacenti, ovvero di quelli disciplinati dagli artt. 648 bis e 648 ter c.p. (delitti di riciclaggio ovvero concernenti armi, munizioni ed esplosivi). Bisogna in prima battuta chiarire che la corretta interpretazione della locuzione “elementi di prova” va intesa in un’ accezione estensiva. E ciò sia su di un piano oggettivo che soggettivo. Conseguentemente le operazioni sotto copertura sono legittime non solo quando sono indirizzate alla ricerca di prove direte ed indirette, ma anche quando tendono a rinvenire semplici indizi di responsabilità. Inoltre, sono parimenti coperti dalle scriminanti specifiche le attività undercover che sono finalizzate a consentire l’ arresto del responsabile di uno dei delitti presi in considerazione dalle Leggi esaminate. E’ opportuno precisare che le discipline normative sottoposte a disamina lasciano agevolmente intendere che sono da ritenersi legittime le operazioni simulate quando oltre,rispettivamente, ai delitti concernenti gli stupefacenti e quelli aventi ad oggetto attività di riciclaggio e di reimpiego di capitali illeciti, ne emergano altri di diversa natura,strettamente connessi con i primi. Tipico ed assai ricorrente caso è quello del coinvolgimento dell’ agente infiltrato nell’ organizzazione criminale. Si deve tuttavia avere premura di precisare che in questo caso l’ attività di “cooperazione” dell’ agente sotto copertura nella struttura malavitosa non deve giammai giungere al punto di indurlo nella commissione di ulteriori reati, diversi da quelli esplicitamente scriminati o da quelli strutturalmente connessi all’ infiltrazione. Ed è in questa corretta ottica che bisogna leggere, d’ altro canto, gli interventi correttivi posti dalla Legge sul contrasto alla prostituzione e pornografia infantile, laddove si statuisce che “ il personale addetto può utilizzare indicazioni di copertura[…]”(art. 14 della L. 3.8.1998, n269). Ed ancora più esplicito appare,infine, l’ art. 4 della L. 438 D.L. 18.10.2001., n.374, convertito in L. 15 dicembre 2001 n .438 che concede agli ufficiali ed agenti di p.g. la facoltà di utilizzare documenti, identità od indicazioni di copertura. D'altronde non si può omettere di rilevare che fra i delitti in materia di stupefacenti,armi e riciclaggio sono fisiologicamente connessi ad un contesto associativo di realizzazione di quelle condotte illecite. La conseguenza di quanto sopra affermato risiede nell’ indiscutibile considerazione che la legittimità c.d. iniziale della condotta sotto copertura, mirante ai fini richiamati dalle disposizioni in esame, renderà ugualmente legittima l’ acquisizione di tutti gli elementi che afferiscono al distinto reato associativo. Taluni ritengono, tuttavia che siffatte costruzioni normative ed ermeneutiche finiscano per ridurre notevolmente l’ operatività ed efficacia concreta del ruolo dell’ agente infiltrato, potendo spesso comportare l’ impossibilità di risalire in maniera incisiva e profonda ai vertici delle associazioni criminali. Tuttavia, arrivare- come fanno alcuni Autori- a legittimare condotte di assistenza passiva alla commissione di altri reati (ad esempio il “pestaggio” di un acquirente che non abbia pagato forniture di stupefacenti ricevute dall’ organizzazione criminale) sembra un illogica ed arbitraria forzatura del sistema regolante l’ intera attività delle Forze di Polizia. Per quest’ ultime - come ha avuto modo di ripetere la Suprema Corte- rappresenta l’adempimento di un dovere ex art. 55 c.p.p. reprimere i reati commessi, ricercarne le prove ed assicurarne i colpevoli alla giustizia, e non già suscitare od assistere da spettatori alla commissione di azioni criminose al fine di arrestarne gli autori.
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